Il sintomo psicosomatico. Quando la malattia ha un’origine psicologica

Il sintomo psicosomatico. Quando la malattia ha un’origine psicologica

La Psicosomatica è quella disciplina che si colloca a metà strada fra la medicina e la psicologia. Il suo assunto di base è che “i fenomeni somatici e i fenomeni psicologia sono due diversi aspetti della stessa realtà. Il corpo e la mente sono funzionalmente identici: quello che succede nella mente si riflette nel corpo, e quello che succede nel corpo ha effetto anche sulla psiche. Ne deriva che “mente e corpo si influenzano reciprocamente, sempre, anche se l’individuo non ne è consapevole”.

Il termine “psicosomatica” sembra facilmente comprensibile: si riferisce a qualcosa che è composto da elementi psichici e da elementi somatici.

Somatico o “corporeo” sembra anche assai semplice da capire.- si riferisce a ciò che è accessibile o conoscibile attraverso il corpo e gli organi di senso. In genere pensiamo soprattutto a qualcosa che “si tocca con mano”.

Riflettendo tuttavia le cose non sono cosi semplici.

In primo luogo quando si “tocca”, il solo contatto non costituisce di per sé un’esperienza sensoriale significativa; lo diventa se il contatto è accompagnato dalla consapevolezza dell’aver toccato, e questa consapevolezza appartiene al mondo psichico.

Si può allora concludere, in accordo con Bertrand Russel, che “l’unica esperienza diretta che noi abbiamo del mondo è quella psichica”, poiché la dimensione fisica senza consapevolezza non offre alcuna possibilità di fare esperienza.

Dunque ci troviamo nella paradossale situazione che per avere ed esprimere l’esperienza di ciò che è somatico, corporeo, abbiamo bisogno di utilizzare uno strumento non fisico: l’esperienza psichica della percezione; e per avere consapevolezza di questa esperienza psichica utilizziamo l’esperienza somatica del respiro, da cui deriva il termine psiche.

Psichico è l’aggettivo corrispondente a Psichè, che in greco significa respiro o fiato mentre in latino è l’equivalente di spirito, che viene da spirare, cioè respirare.

La conclusione che possiamo trarne è chiara: la dimensione fisica dell’essere umano è strettamente connessa con la dimensione psichica.

La psicosomatica nasce concettualmente circa 2500 anni fa, e precisamente con il filosofo Anassagora che, tra il 500 e il 428 a.C. introdusse la distinzione tra i due elementi “soma” e “psiche”.

Tale dualismo fu mantenuto da Platone (427-347 a. C), ripreso ed elaborato da Aristotele (384-322 a.C.) secondo il quale “t’anima (0 psiche) conferisce la forma al corpo” (da cui prende spunto l’attuale Bioenergetica secondo cui dalla “lettura corporea” si possono trarre sufficienti informazioni sulla dimensione psicologica di una persona).

La filosofia aristotelica si assicurò il predominio durante il Medioevo grazie a Tomaso D’Aquino.

In seguito la tendenza a considerare soma e psiche due elementi distinti ma appartenenti a un unicum chiamato “persona” è stata consolidata a partire dal XVI secolo, da Hobbes (1588-1679), da Locke (1632-1704), da Berkeley {1685- 1753), da Hume (1711-1776) e da Mill (1806-1873); infine nel XIX secolo il positivismo e il materialismo, il neopositivismo nelle sue diverse forme e derivazioni, hanno messo tutti nuovamente l’accento su questi due aspetti dell’essere umano.

Il termine “psicosomatica” viene introdotto per la prima volta nel 1818 dallo psichiatra Heinroth, col quale la visione dell’essere umano si sposta da un ambito filosofico ad un ambito prettamente medico: con Heinroth vengono gettate le basi per una modalità di interpretazione delle malattie secondo una visione più completa e più moderna.

Tuttavia il termine “psicosomatica” non compare nelle opere dei grandi medici di XIX secolo, sebbene in molti di loro il concetto fosse già presente. Scriveva, infatti, il medico Maudsley nel 1876: “Se l’emozione non si libera… essa si ritorce sugli organi, alterandone il funzionamento. Il dolore che riesce a esprimersi mediante gemiti e pianti è ben dimenticato, mentre l’afflizione muta, che rode incessantemente il cuore, finisce per spezzarlo”.

E nel 1898 il poeta tedesco Novalis affermava che “ogni malattia può essere considerata una malattia psichica”.

Venne poi l’epoca in cui s’impose il fascino delle grandi scoperte fisico-chimiche e batteriologiche: quella dei trionfi dell’anatomia patologica e della microbiologia nella seconda metà del XIX secolo, e della fisiologia e patologia nel XX. Se è vero che l’esperienza clinica aveva obbligato i medici a fare attenzione ai fattori emozionali e alle condizioni di vita del malato, è pur vero che tali aspetti rimasero sostanzialmente estranei alla sfera scientifica, poiché in realtà si riteneva che tali fattori fossero difficilmente apprezzabili in mancanza di una metodologia atta alla loro rilevazione.

Ne consegue che durante i primi decenni del secolo scorso tali problemi furono oggetto di studio solo da parte di gruppi scientificamente marginali, quella schiera iniziale di medici che, grazie a Sigmund Freud, cominciavano a occuparsi di Psicoanalisi.

Infatti, nel 1913 Federn presentò un caso di asma alla Società psicoanalitica di Vienna e nel 1923 Freud si dichiarava consapevole dell’esistenza, nelle malattie, di fattori psicogeni.

Proseguiamo ora con un’esposizione dei principali modelli interpretativi della psicosomatica elaborati a partire dalla psicoanalisi di Freud fino ai nostri giorni.

  1. Sigmund Freud e la teoria del conflitto.
    Secondo Freud il disturbo psicosomatico è l’esito di un conflitto psichico tra la pulsione che tende alla soddisfazione del desiderio e l’istanza difensiva che tende alla sua repressione. Il sintomo organico nella malattia psicosomatica è “significante” perché in esso è leggibile la soddisfazione deformata e parziale della pulsione e le esigenze di rimozione. Cos’è la rimozione? A volte si sa 0 si ricorda o si sente qualcosa e non si ha, in un dato momento, coscienza di saperla, o di ricordarla o di sentirla. Questo potrebbe dipendere da stati funzionali del sistema nervoso, ma anche da fatton psichici in gioco, come certe manifestazioni psichiche dell’emozione. Questi impedimenti possono       tuttavia non essere sufficientemente forti da precludere ogni accessoalla coscienza dei contenuti psichici in questione. Difatti esse possono accedervi spontaneamente o dopo quale sforzo. Parliamo in tali casi di contenuti preconsci. In altri casi, invece, vi sono forti emozioni (paura, senso di colpa, rabbia inespressa ecc.) che intralciano la possibilità di avere coscienza sia dei significati in questione sia delle emozioni a essi corrispondenti. Diciamo allora che siamo davanti ad un contenuto inconscio rimosso. La rimozione gioca un ruolo molto importante in alcuni casi di manifestazioni psicosomatiche. La linea terapeutica mira a risalire dal sintomo organico al conflitto rimosso per offrire a tale conflitto una forma di soluzione, che può essere data dall’integrazione della pulsione nel quadro dell’Io con conseguente sua soddisfazione, o dalla sublimazione, in modo che non sia più necessaria la rimozione o la scarica nell’organico.
  2. Georg Groddecke la malattia come difesa.
    Secondo Groddeck ogni processo patologico è un processo difensivo in cui il malato può rifugiarsi proteggendosi dal mondo esterno che lo umilia o che esige da lui prestazioni che superano le sue capacità. Il processo patologico è quindi un percorso simbolico in cui sono leggibili le difficoltà che ciascuno incontra nell’essere al mondo.
  3. Franz Alexander e la nevrosi d’organo.
    Alexander introduce la distinzione tra i sintomi dell’isteria che scaricano sul corpo una tensione psichica, e le nevrosi d’organo causate da modificazioni fisiologiche che accompagnano lo stato emotivo, come ad esempio la pressione sanguigna, sotto l’influenza della collera, che non scarica la collera ma si accompagna alla sua comparsa. Sul piano psicodinamico si i nstaura qui ndi una differenza tra il sintomo di conversione che esprime simbolicamente il conflitto rimosso e la nevrosi d’organo che, come concomitante fisiologica, non simbolizza nulla e non soddisfa alcunché. Per quanto concerne i diversi modi di ammalarsi a livello di nevrosi d’organo, Alexander si rifà alle funzioni dei sistema nervoso simpatico e del sistema nervoso parasimpatico, che regolano le funzioni vegetative. Il simpatico agisce principalmente sui processi catabolici di mobilitazione delle risorse energetiche per far fronte a situazioni d’emergenza, mentre il parasimpatico stimola i processi anabolici di accumulo delle riserve di energia. I due sistemi sono in molti casi antagonisti, nel senso che la stimolazione dell’uno inibisce l’attività dell’altro. Da queste premesse Alexander definisce l’attività del sistema nervoso simpatico come una preparazione dell’organismo alla lotta e alla fuga, e l’attività del sistema nervoso parasimpatico come una recessione delle attività rivolte all’esterno, quindi un “ritiro vegetativo”. Alexander riconduce la prima distinzione delle nevrosi d’organo all’iperattività dei due sistemi, e precisamente: alla repressione degli istinti di lotta e fuga i quadri sintomatici dei disturbi cardiaci, vascolari, delle cefalee e dell’artrite reumatoide, mentre al ritiro vegetativo i disturbi gastrointestinali e i disturbi respiratori dove, invece di un’azione rivolta all’esterno, abbiamouna modificazione autoplastica sostitutiva dell’azione.
  4. WilhelmReich e l’interpretazione energetica.
    Tutti i processi biologici seguono un binario di carica e scarica nella formula: tensione meccanica, carica elettrica, scarica elettrica e distensione meccanica. Quando la regolare successione di queste fasi è ostacolata, si viene a creare un “accumulo di carica” che diventerà poi responsabile di alterazioni non soltanto psichiche, come affermava Freud, ma anche somatiche. Se la scarica è impedita, tutto l’organismo vive in uno stato di carica senza sfogo, e se questa condizione si cronicizza, si forma a livello psichico una corazza caratteriale, e a livello fisico una corazza muscolare. Queste armature permettono all’individuo di compiere una continua operazione di controllo delle emozioni e di strutturare una potente difesa dalle emozioni stesse. Ciò è particolarmente evidente a livello sessuale: quando alla carica, avvertita come piacevole, non segue la scarica, l’accumulo di energia si traduce in tensione muscolare a livello fisico e in esperienza “angosciante” a livello psichico. I disturbi organici e quelli psichici sono quindi riconducibili alle corazze in cui si esprime la sovraccarica cronica da cui dipendono l’ipertono simpatico e la contrazione muscolare responsabile dei disturbi dei tessuti e delle funzioni sulle quali interferisce. Un diaframma bloccato, ad esempio, si oppone come una barriera tra il petto e il ventre, la respirazione è ridotta, cosi come ridotta è la percezione di ogni sensazione profonda, con esclusione del ventre, dei suoi “scomodi messaggi”, e la loro sostituzione con sensazioni d’ansia e di paura. Le teorie di Wilhelm Reich sono alla base dell’Analisi Bioenergetica elaborata da Alexander Lowen.

La trattazione dell’Analisi Bioenergetica richiede uno spazio molto ampio e dunque prevediamo di esporla in una prossima occasione.

In quest’articolo abbiamo cercato di esporre la storia della psicosomatica dai suoi albori agli anni ’30-’40 del secolo scorso e di offrire alcune fra le più significative ipotesi interpretative dalle quali si può concludere che il soggetto psicosomatico, a differenza del soggetto nevrotico o psicotico, presenta un’insufficienza, costituzionale o acquisita, di processi di mentalizzazione, ossia di elaborazione psichica dell’emozione attraverso il pensiero, sia intellettuale e cosciente sia immaginativo e fantastico. Presenta inoltre un’accentuazione del pensiero operativo, sempre rigidamente aderente alla realtà concreta e, dunque, incapace di vita fantastica.

Una vita vissuta prevalentemente in ossequio all’operatività e al dovere sociale, a scapito della dimensione fantasiosa e creativa di cui pur si è dotati, può indurre una sofferenza emotiva silente, perché negata alla consapevolezza, che si tradurrà inevitabilmente in sofferenza, e quindi malattia, fisica.