Il corpo ritrovato. Psiche non è più sola.

Il corpo ritrovato. Psiche non è più sola.

In questo articolo tratterò del Corpo in psicoterapia, cioè di come il Corpo è entrato gradualmente ma sempre più incisivamente nello studio dello psicoterapeuta, andando finalmente a far compagnia a Psiche, sua inseparabile compagna di viaggio nel cammino dell’Uomo.

Com’è possibile che Psiche fosse sola nello studio dello psicoanalista?

Sicuramente perché quando Psiche è stata scoperta da Freud, tutte le attenzioni si sono concentrate su di lei.

Certo, era una bella scoperta! E c’era davvero molto da studiare su questa nuova entità dell’Uomo di cui prima si conosceva quasi nulla. Psiche rappresentava la novità. Sicché fu fatta sdraiare sul lettino e l’analisi cominciò. Ed è cosi che Freud studiò, studiò e studiò sempre Psiche creando la Psicoanalisi.

La parola e l’analisi verbale erano necessari per mettere a fuoco il mondo delle nevrosi, delle psicosi, delle ansie, dei conflitti dovuti alla storia della propria infanzia, dell’isteria, psicopatologia tipicamente femminile, che Freud e poi Jung scoprirono essere connessa alla repressione della sessualità.

Fu un lavoro molto lungo, impegnativo, interessante e di un’utilità strepitosa per l’epoca in cui tutto ciò si verificava e certo Freud non poteva occuparsi anche del corpo, visto che era innamorato di Psiche e che questa lo assorbiva completamente. Fu cosi che il povero Corpo fu lasciato fuori dalla porta dello studio dello psicoanalista.

Nel corso dei decenni però questa totale focalizzazione su Psiche si è rivelata un po’ eccessiva, visto che andava a detrimento del corpo, un corpo che “urlava” il suo bisogno di essere visto, ascoltato, accolto nelle sue esigenze.

Il corpo allora comincia a far capolino nella psicoanalisi, dal momento che si parla, anche se con molto ritegno, di sessualità. Ma si tratta di “un corpo parlato” non di “un corpo vissuto”, agito, guardato, esplorato visivamente per coglierne il collegamento fra i conflitti emotivi e la sua espressione fisica.

Con l’evolversi della vita sociale, dopo la prima guerra mondiale, alcuni psicanalisti (da W. Reich in poi) cominciano a guardare al “corpo in terapia”, considerandolo un elemento troppo importante per poterlo ignorare ancora; si convincono che l’osservazione della fisicità del paziente offre molte informazioni utilissime alla diagnosi, con la conseguenza che l’intervento psicoterapeutico può essere impostato in modo più mirato e quindi fornire una maggiore efficacia in termini di risultati e di tempi.

Si constata inoltre che la prevalenza delle manifestazioni psicopatologiche si sposta dalle forme morbose di nevrosi e psicosi a psicopatologie di tipo somatico, che cioè coinvolgono il corpo non più solo nell’espressione, per esempio, dell’ansia, del panico e cosi via, ma nella formazione di malattie vere e proprie.

Abbiamo già visto nell’articolo precedente “Il sintomo psicosomatico” come W. Reich abbia aperto la via alla spiegazione scientifica delle manifestazioni
psicosomatiche che sono alla base sia del disagio psichico sia della malattia (o disfunzione) fisica.

Sappiamo già, dunque, che la “psicosomatica”, si occupa di quelle patologie in cui il corpo assume un ruolo preminente, in quanto fornisce i suoi organi e le sue funzioni per rappresentare le difficoltà esistenziali che caratterizzano la vita del soggetto malato.

E proprio nel campo delle psicosomatosi, le tecniche terapeutiche impostate esclusivamente sul linguaggio verbale hanno trovato le maggiori difficoltà. Dalla psicoanalisi in cui, come diceva Freud, “non avviene altro che uno scambio di parole” alle nascenti psicoterapie dinamiche, dove il corpo viene “raccontato”, il passo è breve ma non sufficiente per lavorare “col” corpo.

Il corpo comunica attraverso codici che rientrano nella comunicazione non verbale. Esso, il corpo, è lo strumento che la nostra psiche usa per esprimersi, per farsi ascoltare, è il filtro attraverso cui si manifesta e si evidenzia l’Io che pensa, l’Io che vive, l’Io che percepisce.

Prendere in considerazione il corpo significa scoprire un “sistema di comunicazione in codice” che permette di rilevare i messaggi che vengono inviati dalla psiche attraverso il corpo, perché la mente possa prendere in considerazione i traumi psichici ignorati ma che sono sempre impressi nel corpo, nel volto, nella pelle, nella struttura e postura dell’essere umano. Occorre allora chiamare in causa il “corpo vissuto” quale fonte diretta di informazioni riguardo alle esperienze vissute nell’infanzia, sensazioni, emozioni, sofferenze interiori. E’ noto come la paura possa provocare reazioni corporee tipo diarrea o stitichezza oppure l’itterizia, cioè uno spasmo sul percorso di evacuazione della bile; altre emozioni possono portare all’asma, alla tachicardia, ad urinare spesso o troppo raramente, alla colite, alla gastrite, alle dermatosi fino a malattie più complesse.

E’ necessario dunque esaminare cosa provoca queste reazioni corporee conseguenti ad un forte stato emozionale represso. La risposta, dal punto di vista somatico, non può che essere univoca: una forte tensione, che coinvolge i muscoli ma anche gli organi interni dell’organismo. E se questa tensione diventa continua, perché la vita, con i suoi ritmi, col suo incalzare, non ci lascia più neanche “il tempo di respirare”, ecco che anche le tensioni corporee non hanno il tempo di sciogliersi, e divengono una costante anziché un’eccezione. In una parola si cronicizzano.

Sarà allora necessario eliminarle, ed è per questo che sono state elaborate diverse tecniche imperniate sul rilassamento corporeo.

Gli stati di rilassamento provocano, a livello cerebrale, un rafforzamento del ritmo alfa, cioè di quelle onde che il cervello emette quando è in stato di tranquillità. Cosicché un reale stato di rilassamento comporta la pace, la serenità, la disponibilità, la presenza empatica e cosi via.

Sul piano metabolico, questo stato corrisponde a un riposo “più profondo del sonno più profondo”.

Le prime tecniche di rilassamento corporeo vengono esposte intorno agli anni ’20-’30, ad opera di diversi studiosi del calibro di Edmund Jacobson, medico chirurgo che nel 1922 pubblica il libro “Progressive Relaxation” nel quale espone il suo semplice metodo che denomina “Rilassamento progressivo” e di Johannes Heinrich Schultz, psichiatra e neurologo che nel 1932 espone la tecnica del Training Autogeno.

Il metodo di Jacobson, consiste in una meticolosa chiamata in causa dei vari distretti muscolari corporei, attraverso differenti e specifiche contrazioni e distensioni muscolari. Contraendo massivamente i muscoli del corpo e decontraendoli successivamente, Jacobson dimostrò come fosse possibile realizzare un rilassamento muscolare gradualmente diffuso a tutto il corpo. Dimostrò inoltre come la nostra mente riesce a cogliere e discriminare la differenza tra la muscolatura in stato di contrazione e la muscolatura in stato di rilassamento.

Il Training Autogeno di Schultz, oltre alla distensione muscolare, ottiene la realizzazione di una condizione di rilassamento psicofisico che coinvolge anche le funzioni vegetative.

Questa tecnica di auto distensione psichica e somatica è volta a ristabilire equilibri funzionali alterati, a decondizionare situazioni patologiche anche da tempo stabilizzate e a trasferire dinamismi positivi negli strati più profondi della personalità.

Servendosi di tecniche auto ipnotiche, si apprende gradualmente una serie di sei esercizi (della pesantezza, del calore, del cuore, del respiro, del plesso solare, della fronte fresca) volti a modificare il tono muscolare, la funzionalità vascolare, l’attività cardiaca e polmonare fino all’equilibrio neurovegetativo e lo stato di coscienza.

Lo scopo è di raggiungere una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata nell’indifferente contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente.

Come conseguenza dell’apprendimento di questo nuovo ed insolito (per il soggetto) atteggiamento, si sviluppano spontaneamente modificazioni psichiche e somatiche di senso opposto a quelle provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia e di stress.

Alla serie di esercizi del ciclo inferiore seguono quelli del ciclo superiore, non più orientati sul soma ma sulla psiche. Con essi è possibile favorire la produzione di un ricco materiale di provenienza inconscia ed affrontare, attraverso la realizzazione di esperienze simboliche e “domande all’inconscio”, problemi esistenziali connessi alla qualità della propria costituzione psichica e al proprio modo di relazionarsi al mondo.

Con il training autogeno, infatti, il rapporto psiche e soma è evidente, e l’obiettivo che si persegue é quello di trovare i punti di contatto tra il mondo dei conflitti e il soma.

Ogni volta in cui il soggetto applicherà il T.A. sentirà una grande calma, una distensione fisiologica e un distacco dalle perturbazioni interne ed esterne.

Il semplice uso di questa tecnica è molto spesso sufficiente nei casi di fenomeni ansiosi e depressivi, di disturbi funzionali o anche leggermente psicosomatici. Talvolta si possono usare formule che tendono a trattare un sintomo specifico (formule d’organo).

Inoltre gli effetti distensivi del T.A. sono evidenti sia nei casi di surmenage professionale degli iperattivi (managers, dirigenti, ecc.), sia nelle nevrosi d’ansia e nelle nevrosi cardiorespiratorie (sensazioni di soffocamento, tachicardia, ecc.) e in tutte quelle patologie in cui il livello dell’ansia è piuttosto elevato.

Ho descritto due fra i più importanti metodi di rilassamento psico-corporeo, metodi che non possono essere definiti “psicoterapeutici”, e che possono tranquillamente essere usati in autonomia, ma che possono benissimo essere integrati in un setting psicoterapeutico, che sia corporeo o no.

La psicoterapia corporea, invece, ha un’altra storia. La sua nascita avviene intorno agli anni ’20-’30 grazie all’apporto fondamentale di Wilhelm Reich, medico e allievo di Sigmund Freud.

Reich, dopo aver lavorato per alcuni anni con il padre della psicanalisi assume, verso la fine degli anni venti, posizioni critiche verso il suo maestro dal quale si discosterà man mano che effettuerà studi sull’energia umana e sulla sessualità.

Gli studi sull’energia umana lo portano a postulare l’esistenza di un’energia cosmica di base che chiama orgone (dall’unione delle due parole “orgasmo” e “organismo”).

L’orgone è la forma di energia primaria che pervade tutte le cose e comprende tutte le altre forme di energia ad oggi conosciute. Nasce l’Orgonomia, scienza che studia l’energia cosmica primordiale, pre-atomica, presente ovunque nell’Universo: l’energia da cui deriva tutto ciò che vive.

I suoi studi sulla sessualità lo portano a sviluppare una propria teoria sull’orgasmo che esporrà nel 1927 nel libro “La funzione dell’orgasmo”. Secondo la sua teoria l’orgasmo ha la funzione di scaricare l’energia in eccesso dell’organismo. Se tale energia non può scaricarsi affatto, o non sufficientemente, si sviluppa l’angoscia.

Partendo dal presupposto che la salute psichica dipende dalla potenza orgasmica, inibita dalla nostra società moralistica e sessuofoba, Reich giunge ad affermare che “il carattere consiste in un’alterazione cronica dell’Io” che si potrebbe definire “indurimento”. Questa è la base sulla quale il modo di reagire tipico della personalità diventa cronico.

Lo scopo del Carattere è quello di proteggere l’Io dai pericoli interni ed esterni. Come meccanismo di protezione diventato cronico, può essere chiamato a ragione “armatura” o “corazza”. Armatura significa inequivocabilmente una limitazione della mobilità psichica di tutta la personalità.

Il termine armatura indica lo schema globale delle tensioni muscolari croniche del corpo.

Tali tensioni vengono definite armature perché proteggono l’individuo contro le esperienze emotive dolorose e minacciose. Fungono da schermatura contro gli impulsi pericolosi della personalità dell’individuo e contro gli attacchi da parte degli altri.

La limitazione della mobilità psichica è dovuta al conflitto che si attua nel momento in cui il soggetto è costretto a misurarsi con due principi esistenti nella sua vita: il principio endogeno, a sfondo biologico e il principio esogeno, a sfondo sociale.

Il primo è costituito dall’energia sessuale o libido che, legata all’attività del sistema neurovegetativo, esprime la matrice vitale dell’organismo vivente. Questo principio, è suscettibile di misurazioni e sperimentazioni, mediante speciali “misuratori orgonici” inventati e usati da Reich anche a scopi terapeutici.

Il secondo principio dipende “dall’ordinamento sociale vigente che coinvolge l’educazione, la morale e il soddisfacimento dei bisogni che sono determinati in ultima analisi dalla struttura economica vigente nella società”.

Considerato che il conflitto si sviluppa durante l’infanzia e che un bambino non ha mai la possibilità di imporre il suo istintivo modo di essere alla società, che lo obbliga invece a comportamenti educati reprimendo la sua spontaneità, il bambino elabora presto un proprio personale “carattere”

Reich catalogò quattro tipi di carattere:

  • isterico dal tratto “nervoso, agile, apprensivo e incostante”
  • coatto dal tratto “prevalentemente inibito, contegnoso e depressivo”;
  • fallico-narcisista che “si presenta sicuro di sé, a volte arrogante, elastico, vigoroso, a volte imponente”
  • masochista che “percepisce come piacere o come fonte di piacere ciò che gli altri generalmente percepiscono come dispiacere”.

Alla base del suo lavoro c’è il concetto di pulsazione, in cui c’è un’alternanza di espansione e contrazione.

Questo principio funzionale, rintracciabile in ogni organismo vivente, viene percepito come condizione di benessere e di piacere che trova la sua espressione più intensa nell’orgasmo.

Alla pulsazione orgastica, l’organismo si dispone con un processo di espansione psichicamente percepito come piacere, mentre di fronte ad una minaccia si dispone con un processo di contrazione, percepito psichicamente come dispiacere. All’uomo, che vive in un ambiente repressivo e autoritario, viene spesso imposta una frustrazione delle sensazioni piacevoli connesse all’alimentazione o alla stimolazione orale, anale e genitale. Alla frustrazione si accompagna una reazione di collera cui segue la paura del piacere. La repressione degli impulsi emozionali piacevoli produce una serie di blocchi che si organizzano in una vera e propria armatura o corazza caratteriale. La conseguenza fisica è che viene ridotta la mobilità delle cellule e l’irrorazione sanguigna dei tessuti.

Corazza caratteriale e corazza muscolare disturbano la funzionalità dell’organismo, sono intercambiabili sul piano patologico e terapeutico: si può constatare una corrispondenza tra un blocco emozionale e un blocco muscolare che trattengono le energie dell’organismo la cui espressione è temuta, a causa dell’angoscia del piacere instaurata a suo tempo dall’educazione e dall’esperienza repressiva.

Ne consegue che non basta, come pensava Freud, riportare alla coscienza fattori psichici patologici, ma è necessario intervenire sulla corazza muscolare per modificare quella emozionale.

Come?

Ci penserà Alexander Lowen, paziente di Reich dal 1942 al 1945 e suo allievo dal 1940 al 1952, che metterà in pratica tutti i suoi insegnamenti per proseguire nell’elaborazione di un metodo d’intervento psico-corporeo che chiamerà Bioenergetica, di cui vi parlerò nel mio prossimo articolo.

Per concludere la trattazione del lavoro di W. Reich, possiamo affermare che può essere considerato il padre della psicoterapia corporea, essendo stato uno dei primi a valutare l’importanza del corpo e dei suoi messaggi nella relazione terapeutica e a considerare corpo e psiche funzionalmente identici. Nella storia della psicoterapia Wilhelm Reich è stato il primo ad elaborare un metodo terapeutico che agisse direttamente sulla tensione muscolare e sulle strutture respiratorie per produrre un rilassamento emozionale tale da liberare energia e sensazioni attraverso i tessuti, con effetti benefici sulla psiche.